Con la cadenza ancora un po’ impastata di portoghese dopo la stupenda esperienza della GMG di Rio (cadenza che però ha qualcosa di ligure per cui può andar bene anche per chi la GMG l’ha seguita da Gottasecca…), rieccoci, sempre quentes como una brasa (cioè caldi come una brace, perché il boiler non ce l’hanno), pronti a ricominciare un altro anno di cammino diocesano.
Su indicazione di monsignor Luciano, abbiamo effettivamente deciso di prenderci un intero biennio di tempo per meditare con calma sul tema delle emozioni e degli affetti, per considerare le fragilità che essi portano allo scoperto, ma anche il potere di guarigione che possono avere, quando ci si prende cura degli altri magari anche solo con un sorriso.
Introducendo il sussidio dell’anno scorso scrivevamo, testualmente: «l’anno pastorale nel quale stiamo per entrare non sarà un anno come gli altri». Erano ovviamente parole innocue, un po’ di circostanza, che si riferivano al tema della fede, indicata come oggetto specifico di attenzione e meditazione per i successivi dodici mesi. E invece è andata poi a finire che l’anno appena trascorso, per davvero, non è stato affatto un anno come gli altri, ben al di là di ogni possibile previsione… Ci è stato donato un nuovo papa, che ha saputo fare immediatamente breccia nell’opinione pubblica con le sue parole semplici e fresche e i suoi gesti umili e forti al tempo stesso.
Una delle espressioni di papa Francesco che, sin dall’inizio, ha più colpito la coscienza di credenti e non è stato l’invito, lanciato proprio il giorno del suo insediamento ufficiale, a “non avere paura della tenerezza!”.
Non c’è modo migliore per spiegare in poche parole il complesso di questioni che, riallacciandoci all’itinerario che il Vescovo propone a tutta la Diocesi per il prossimo biennio, abbiamo pensato di sintetizzare con il motto, forse un po’ irriverente, “Fragile: maneggiare con cura”, di solito usata per pacchi e imballaggi piuttosto che per l’esperienza concreta delle persone. Eppure quanti imballaggi usiamo alle volte per coprire le nostre fragilità interiori e quante volte avremmo bisogno di qualcuno che ci trattasse con delicatezza e rispetto per i nodi irrisolti che portiamo nel nostro cuore!
Per cui, dopo aver riconosciuto il carattere fondamentalmente relazionale della fede, proprio dalle relazioni concrete vogliamo ripartire, per porre al centro della nostra attenzione la sfera degli affetti come luogo in cui si forgia la nostra stessa identità e nel quale è possibile incontrare le più grandi gioie come anche le ferite più dure a rimarginarsi.